Tanta pazienza e misericordia

I Verbi del Cuore

Con-cordia


      Siamo degli esseri finiti, dalle buone intenzioni e dalle infinite miserie. Non basta stipulare un patto (o stringere una promessa). Quanti patti e quante promesse sono stati fatti, chiamando Dio e gli uomini come testimoni!
Assistiamo impotenti non solo a famiglie che non riconoscono più i patti originari, ma soprattutto a situazioni dove la con-CORdia diventa dis-COR-dia, l'aiuto reciproco diventa rivalsa, la comprensione diventa accusa ed intolleranza. Le nostre comunità parrocchiali e i Centri di Ascolto della Caritas pullulano di fragilità nate e venute a galla da rotture di relazioni, da patti violati, da promesse non
rispettate, da tradimenti ed abbandoni.
La con-COR-dia muore perché sono scomparsi i due più efficaci antidoti: la pazienza e la miseri-COR-dia. Esse ci aiutano ad avere uno sguardo nuovo sulle persone, meno frettoloso ed aggressivo
e più capace di comprensione e vicinanza.
Cum-COR-dis” ci evoca l'unità dei cuori, la volontà di ritrovare spazi di comunione e di fraternità, l'impegno a ritornare ai patti originali per ridare senso e valore nuovo alle relazioni.
“Il Signore guidi i vostri cuori all'amore di Dio e alla pazienza di Cristo” (2Tess 3,5). Questo augurio paolino, diventato un saluto di accoglienza nell'introduzione della Messa, è l'auspicio di una vita con-COR-de e serena: occorre lasciare che Dio guidi e conduca il nostro cuore, lo plasmi e lo conformi alla pazienza di Cristo.
Padre Ermes Ronchi, grande esperto di spiritualità, ha scritto: “Le parole più caratteristiche della mia fede cominciano tutte con il prefisso ri, due sole lettere per dire: da capo, ancora, di nuovo, un'altra volta. Questa piccola sillaba dice che non ti devi arrendere, perché c'è un sogno di cui non ti è concesso stancarti”.
Nei ritmi frenetici e ossessivi della vita, l'uomo è chiamato a recuperare la propria unicità, costruendo pazientemente il vivere quotidiano, ritessendo trama di fiducia e di alterità, rifiutando affrettate e inconcludenti superficialità. Quando ti fermi e guardi in profondità, senza rimanere lontano o distratto; quando vuoi toccare con mano non perché sei incredulo, ma perché vuoi fare esperienza vera; quando ti scopri tanto amato da affermare: “Mio Signore e mio Dio!”, allora capisci che non sei alla fine del tuo percorso, ma che hai permesso che Dio sieda sul trono del tuo cuore.
“Vivere è l'infinita pazienza di ricominciare. E quando sbagli strada, ripartire da capo. E là dove ti eri seduto, rialzarti. Salpare ad ogni alba verso isole intatte. Ma non per giorni che siano fotocopie di altri giorni, bensì per giorni risorti, passati al crogiolo di amore, festa e dolore che è la vita, e restituiti un po' più puri e più leggeri” (Ermes Ronchi, L'infinita pazienza di ricominciare)
 

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